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Frammenti di vita di un italiano ad Amsterdam

Lost in translation. Essere stranieri ad Amsterdam

8 commenti

Lost in Translation Amsterdam

Oggi parliamo di lingue. Purtroppo non di quella di Scarlett che probabilmente è l’unica motivazione che vi ha portato a cliccare sull’articolo. Dal punto di vista linguistico vivere ad Amsterdam può essere allo stesso tempo più facile e più complicato che in altre capitali europee. Nonostante la crescente richiesta di parlare l’olandese anche per i lavori più basic, Amsterdam è ancora una delle poche città in cui con una buona conoscenza dell’inglese si può teoricamente evitare di sottoporsi al supplizio di imparare la lingua madre. La fregatura è tutta in quell’avverbio: teoricamente. Perché se volete integrarvi con la popolazione locale e non solo con gli expat, sopravvivere alla burocrazia e avere accesso ai lavori ben pagati… non si sfugge, vi tocca studiare olandese. E a quel punto sono cazzi. Agrodolci. Non amari come bere un Unicum a canna a stomaco vuoto ma neanche dolci come un fico mandorlato (roba che se avete il diabete due unità possono essere sufficienti ad uccidervi). In un paese molto vicino al mio c’è anche una curiosa manifestazione enogastronomica legata a questo prodotto:

La fica mandorlata di San Michele Salentino

E qui torniamo a Lost in Translation: come tradurreste il nome della manifestazione di cui sopra? I love almond pussy? E’ la “poesia” (le virgolette sono d’obbligo) che va persa nella traduzione e qualche volta si perde anche la vostra personalità, le mille sfaccettature che vi differenziano dalla massa. Riuscire ad essere sè stessi in una lingua straniera è una sfida da non sottovalutare. Soprattutto se i vostri assi cartesiani a livello culturale sono Fantozzi e Abatantuono. A volte vi scatterà l’autocensura, perché tanto quella battuta lì la capirebbero solo gli italiani e neanche tutti. E’ l’incomunicabilità di cui parla il film, all’interno del quale gli sguardi, i gesti, tutto il non-detto fra Scarlett Johansson e Bill Murray è più importante dei dialoghi stessi. Forse è per questo che quel film piace moltissimo alle donne, comunicatrici sensibili ed esperte nel cogliere le sfumature che troppo spesso passano sotto i nostri occhi maschili senza essere notate.

Sto divagando. La questione è che ad Amsterdam riuscite a sopravvivere ed anche a vivere senza l’olandese, ma sarete sempre ghettizzati. A voi la scelta. Secondo me bisogna almeno provarci, ricordate che se volevate solo migliorare l’inglese dovevate andare a Londra.

Perché come ho già avuto modo di dire, qui per strada sentite parlare olandese, in televisione parlano olandese e basta allontanarsi un po’ dal centro ed anche nei locali il personale vi si rivolgerà quasi solo in olandese. Per non parlare poi del resto d’Olanda, che è ben diverso da Amsterdam, dove la conoscenza dell’inglese è più diffusa che in Italia ma si abbassa notevolmente. E se non parlate Nederlands… sono cazzi. Arancioni.

Allora se davvero volete trasferirvi ad Amsterdam, sappiate che vi aspetta un bel minestrone linguistico dove:

1) gli olandesi parlano la loro lingua madre, l’inglese con l’accento olandese (non mi stancherò mai di ripetere che “forno” si dice oven e non ofen) e un po’ di spagnolo (lo studiano a scuola e si sentono tanto fighi nel dire Como estas? con una pronuncia terribile).

2) gli italiani parlano inglese di solito con accento tipo “ponte di Broccolino” (io penso di essere il peggiore) e raramente provano ad imparare l’olandese.

3) americani, inglesi e australiani “Speak English or die” che non impareranno mai un’altra lingua nella loro vita e ovviamente sono i più difficili da comprendere, dato che l’inglese che ascoltate ogni giorno ad Amsterdam è l’inglese parlato da italiani, greci, spagnoli e olandesi, non certo madrelingua.

4) Tutti gli altri. Soprattutto greci, spagnoli, cechi e polacchi. Mille altri accenti che ritrovate nel loro modo di pronunciare l’inglese e che vi fanno sentire in una città cosmopolita. Amsterdam potrebbe essere un quartiere di New York ma nel suo piccolo è uno degli ombelichi del mondo. Kalimera,  Ai gamisou o De puta madre sono espressioni che facilmente entreranno nel vostro vocabolario.

Vi saluto, il libro di olandese mi guarda minaccioso qui sulla scrivania. Avete capito: e mo’ so…

Video del post:

Autore: Angelo

Always on the lookout for good food and excellent wine across London, Italy and the world in general.

8 thoughts on “Lost in translation. Essere stranieri ad Amsterdam

  1. BELLISSIMO ARTICOLO 🙂

  2. ahahah! Letto solo ora! ahahah! mi immagino!!! Forse non c’entra nulla ma a me, a proposito di cinema, hai ricordato anche un po’ questo 😛 http://www.youtube.com/watch?v=45eHOF-bavw 🙂

  3. Di cosa ti occupi ad Amsterdam? immagino informatica visto che qua gira tutto su finanza o informatica… saluti.

  4. Ahah spassosissimo.
    Io l’Olandese lo parlavo da piccola, l’ho dimenticato a 5 anni, reimparato a scuola per anni (sono belga) e felicemente ridimenticato – conservando un’ottima pronuncia – non parlandolo mai.
    E’ DIFFICILE, non credete a chi vi dice una cosa diversa. E’ difficile il vocabolario, molto più dell’Inglese che è pieno di parole di origine francese e dunque latina. E’ difficile la pronuncia, perché come in molte lingue se non pronunciate bene non verrete capiti. Semplicemente. Si fa per dire…
    Tanti auguri!

  5. E mò so…
    Mogli e buoi, dei paesi tuoi.
    o more than this.

    Il caschetto rosa ti starebbe benissimo.

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